martedì 25 novembre 2008

Incidenti stradali - riflettiamo

Dati ISTAT 2007

Per una volta avevamo peccato di ottimismo, sperando che i dati dell’incidentalità stradale del 2007, distribuiti oggi da Aci e Istat a Verona, avessero dopo il segno meno la doppia cifra.
Purtroppo gli incidenti dello scorso anno sono stati 230.871 con una diminuzione di appena il 3%, i feriti si sono fermati a un più modesto -2,1%, e rimangono inchiodati a quota 350.850.
Notizie decisamente migliori per i morti in incidenti stradali. Nel 2007 si sono contate 5.131 vittime, con un calo di 538 lenzuoli bianchi in meno stesi sulle strade. In questo caso la percentuale è di un bel -9,5%. Si aggiunge nel dato complessivo un risparmio calcolato dall’ACI di 3 miliardi di euro, una bella somma che sarebbe utile per la sanità e lo stato sociale. Lasciateci fare un’analisi e una previsione sul 2010.
L’analisi del calo sensibile della mortalità e di una più modesta diminuzione dei sinistri e dei feriti ci fa dire che per il momento hanno funzionato alcune politiche di contrasto ai macrofenomeni stradali legati all’alcol e alle sostanze, con l’uso massiccio dell’etilometro, insieme al contributo del tutor alla diminuzione della velocità in autostrada.
Non a caso i mesi che hanno fatto segnare i migliori risultati sono stati quelli da agosto in poi, quando prima il decreto, poi la legge 160 hanno apportato severi giri di vite nella normativa per la guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di droghe.
Rimane un anello fortemente debole nel complesso dei dati dell’incidentalità, è sicuramente quello dei veicoli a due ruote a motore.
Anche nel 2007 si sono contate ben 1.540 vittime fra i conducenti e trasportati delle moto (1.182) e dei ciclomotori (358), si aggiungano poi ben 90.551 feriti. In sostanza i veicoli a due ruote con il 19% circa del parco circolante e un 3 – 4% dei km totali della mobilità, pagano un ticket del 30% alla mortalità e del 27% al totale delle lesioni della strada. Un vero tsunami della insicurezza stradale.
Le due ruote sono ancora il tallone d’Achille delle politiche della sicurezza stradale. I fattori li conosciamo, potenza dei mezzi, scarsa attitudine di diversi dueruotisti anche di ritorno, cioè automobilisti riconvertiti, indifferenza e distrazione degli automobilisti e strade gravemente indiziate di complicità nel determinare la devastante sinistrosità di questo settore. In crescita anche le vittime fra i ciclisti, con 352 morti nel 2007. Due gropponi del Giro d’Italia eliminati dalla gara della vita.
Diminuisce sensibilmente la mortalità dei pedoni con 627 vittime, in calo di 131, -17% rispetto ai 758 pedoni stesi sulla scacchiera stradale nel 2006.
Lasciateci ora fare una previsione. Con la motivata continuazione di tutte le polizie nell’uso degli etilometri e dei precursori per contrastare alcol e droga al volante e con l’adozione di interventi mirati per la tutela della vita dei motociclisti, anche e soprattutto nell’area urbana, con una forte inversione del modello comunicativo basato sulla celebrazione della potenza e della velocità, si potrebbe ottenere un risultato sorprendente.
In sostanza potremmo raggiungere il traguardo assegnato dall’Ue di un calo del 50% almeno nel numero delle vittime entro il 2010. Spieghiamo perché. Il traguardo è fissato in zona 3.500 morti rispetto agli oltre 7.000 del 2001. Nel 2007 la diminuzione è stata di oltre 500 morti. Se ripetessimo la performance anche nel 2008, 2009 e 2010 il risultato auspicato sarebbe a portata di mano. Insomma il 2007 ha abbassato l’asticella del traguardo che ci era stato assegnato, inizialmente considerato proibitivo.
Per il numero di incidenti e di feriti la gara è più impegnativa, ma con lo sforzo di tutti e con la capacità di fare rete – come ha sottolineato il direttore del Servizio Polizia Stradale Roberto Sgalla a Verona - e con il supporto dell’educazione stradale e dell’informazione ce la potremmo anche fare.
Fateci peccare ancora una volta di ottimismo.

Forlì, lì 20.11.2008

Giordano Biserni
Presidente Asaps

DA WWW.ASAPS.IT

martedì 18 novembre 2008

PIRATERIA STRADALE IN AUMENTO: ASAPS + 68%

(ANSA) - FORLI', 18 NOV - Impressionante impennata della pirateria stradale. Secondo il Centauro-Asaps sono gia' del +68% gli episodi rispetto a tutto il 2007. Ma i 'pirati' hanno vita difficile: quelli scoperti lo scorso anno furono il 65%, quest'anno il 76%. I pirati identificati dalle forze di polizia, 3 su 4. La geografia vede al primo posto la Campania con 34 casi (12,5%), poi Lombardia e Emilia-Romagna 29 (10,7), Toscana 28 (10,3), Lazio con 27 (9,9). Un solo caso in Umbria e Basilicata, 2 in VdA.

giovedì 6 novembre 2008

Incidenti stradali, un approccio psicologico

Sono in diminuzione ma restano ancora la maggior causa di morte per bambini e giovani tra i 5 e i 29 anni. Gli incidenti stradali nel 2006 secondo i dati Istat-Aci in Italia hanno causato circa 5700 morti e 330mila feriti. E 8 su 10 sono causati dal fattore umano. Probabilmente la situazione è migliorata con l’introduzione della patente a punti ma siamo lontani dal traguardo della diminuzione del 50% del numero degli incidenti e delle vittime entro il 2010 fissato come obiettivo dall’Unione Europea. In Università Cattolica si è costituita ufficialmente alla fine del 2007 l’Unità di ricerca sulla psicologia del traffico promossa dal dipartimento di Psicologia con l’obiettivo di studiare il sistema traffico e di analizzare tutti gli aspetti relativi alle dinamiche, alle conseguenze degli incidenti e alle strategie da mettere in atto nelle situazioni di emergenza. «Non sono gli psicologi ad aver inventato una nuova disciplina, ma èquesto nuovo e dinamico ambiente, definito ormai a livello internazionale “sistema traffico” a interpellare con i suoi bisogni e istanze gli esperti: il “sistema traffico” assorbe il 10% della nostra vita, trascorsa su mezzi, in auto o per strada come pedoni e ha creato bisogni e assunto caratteristiche di cui la psicologia a diverso titolo si è occupata (psicologia dell’attenzione, ergonomia, psicologia della comunicazione, dello stress, del benessere, ecc)». Così Rita Ciceri, docente di Psicologia della comunicazione in Cattolica e coordinatrice dell’Unità di ricerca, introduce il tema e individua quattro aree di cui l’Unità si occupa.

Prima di tutto la prevenzione. Partiamo da quello che ogni giorno pare un bollettino di guerra. Traumatizzati, feriti con danni permanenti in maniera più disinvolta. L’aspetto critico è la creazione di un equilibrio tra il saper identificare le situazioni che producono un rischio e la valutazione reale delle proprie capacità che non vanno sopravvalutate». Gli studi condotti dall’Unità di ricerca di Psicologia del traffico indicano che negli interventi sulla prevenzione e l’educazione stradale è possibile raggiungere un maggior grado di efficacia se all’informazione relativa agli effetti di errori o disattenzioni si aggiunge un training di tipo esperienziale e pratico, ad esempio utilizzando simulatori con tecnologie sofisticate che consentono di affinare una corretta e tempestiva valutazione emotiva del pericolo, attraverso la sperimentazione virtuale delle dinamiche dell’incidente. In secondo luogo, lo psicologo del traffico può aver un ruolo importante in qualità di consulente nelle perizie di ricostruzione degli incidenti. A questo riguardo è stata proficua la collaborazione dell’unità di ricerca di psicologia con l’Associazione italiana dei periti ricostruttori di incidenti stradali per l’analisi dei fattori psicologici (attentivi, emotivi, percezione e presa di decisione) che spesso precedono l’impatto fatale.

Insigne precursore di quest’area di applicazione della psicologia padre Agostino Gemelli e la sua attenzione all’intervallo psicotecnico. L’analisi delle dinamiche dell’incidente stradale condotta mediante la collaborazione con periti ricostruttori è stata utilizzata come metodo anche nelle scuole con un obiettivo formativo. «Per sensibilizzare i ragazzi (dalle elementari alle superiori) alla comprensione sul dove e quando è presente il rischio - continua la professoressa Ciceri - sono state ricostruite le dinamiche degli incidenti con pedoni e automobilisti, smontandoli con la moviola e ricostruendo il video dell’accaduto. Questa attività risulta complementare all’educazione stradale già offerta nelle scuole spesso con la collaborazione dei vigili urbani, in cui vengono fornite soprattutto informazioni sulla strada e sui suoi segnali. I ragazzi devono provare non solo a conoscere le regole ma anche a valutare di chi sia la responsabilità». Non va infatti dimenticato che tra le esperienze con cui i ragazzi entrano in contatto con il mondo della velocità e del rischio ci sono il cinema, la tv e, ancor più i videogames: in questi contesti si vedono sempre sfrecciare automobili aggressive e scattanti guidate da personaggi immortali che non offrono una reale percezione del pericolo e anzi spesso incitano alla violazione delle norme. Un altro impiego interessante della ricostruzione psico-tecnica è presso le scuole guida, in cui l’inserimento dello psicologo del traffico è previsto dai nuovi orientamenti legislativi. Il ruolo insostituibile dello psicologo del e morti sulla strada sono all’ordine del giorno e in modo unanime la letteratura nazionale e internazionale individua nel fattore umano il 70% della responsabilità degli incidenti stradali. È quindi lecito domandarsi non solo come potenziare le risposte strutturali (mezzi e strade più sicure) ma anche come addestrare e facilitare il comportamento degli utenti.

Le pagine di cronaca presentano l’abuso di bevande alcoliche e l’alta velocità tra le cause principali degli incidenti stradali imputabili al fattore umano. La letteratura internazionale dimostra invece che la causa prima è la disattenzione. Dalle disattenzioni dovute ad uno scorretto monitoraggio dell’ambiente esterno a quelle relative agli stati interni dell’individuo come il daydreaming, dall’uso di telefonini e apparecchiature wireless alle discussioni con il passeggero, dalla sigaretta all’ascolto di musica mentre si attraversa la strada o mentre si guida. La percentuale di rilevanza del fattore disattenzione cresce ancora di più quando l’autista è inesperto (19-24 anni). È testato che i “novizi” della guida hanno una ridotta capacità di scandagliare la linea dell’orizzonte con lo sguardo e occupano gran parte delle risorse cognitive su una porzione ridotta dell’ambiente. Mediante training specifici è possibile intervenire per ridurre questi fenomeni. In particolare agendo su due processi psicologici: l’attenzione e la percezione del rischio, che intervengono tanto nella determinazione di incidenti, quanto nel possibile addestramento di pedoni e driver a evitare comportamenti a rischio.

Uno dei compiti della psicologia del traffico nell’ambito della prevenzione, è potenziare ed educare alla corretta percezione del rischio. «In molti corsi di guida sicura ci si cimenta ad affrontare situazioni impreviste su strada, come la guida su una strada bagnata, ed è stato verificato che anziché diminuire, gli incidenti aumentano, dice Alessandro Antonietti, docente di Psicologia cognitiva in Cattolica e membro dell’Unità di ricerca. Paradossalmente chi li frequenta si sente più sicuro a cominciare a guidare in maniera più disinvolta. L’aspetto critico è la creazione di un equilibrio tra il saper identificare le situazioni che producono un rischio e la valutazione reale delle proprie capacità che non vanno sopravvalutate». Gli studi condotti dall’Unità di ricerca di Psicologia del traffico indicano che negli interventi sulla prevenzione e l’educazione stradale è possibile raggiungere un maggior grado di efficacia se all’informazione relativa agli effetti di errori o disattenzioni si aggiunge un training di tipo esperienziale e pratico, ad esempio utilizzando simulatori con tecnologie sofisticate che consentono di affinare una corretta e tempestiva valutazione emotiva del pericolo, attraverso la sperimentazione virtuale delle dinamiche dell’incidente. In secondo luogo, lo psicologo del traffico può aver un ruolo importante in qualità di consulente nelle perizie di ricostruzione degli incidenti.

A questo riguardo è stata proficua la collaborazione dell’unità di ricerca di psicologia con l’Associazione italiana dei periti ricostruttori di incidenti stradali per l’analisi dei fattori psicologici (attentivi, emotivi, percezione e presa di decisione) che spesso precedono l’impatto fatale. Insigne precursore di quest’area di applicazione della psicologia padre Agostino Gemelli e la sua attenzione all’intervallo psicotecnico. L’analisi delle dinamiche dell’incidente stradale condotta mediante la collaborazione con periti ricostruttori è stata utilizzata come metodo anche nelle scuole con un obiettivo formativo. «Per sensibilizzare i ragazzi (dalle elementari alle superiori) alla comprensione sul dove e quando è presente il rischio - continua la professoressa Ciceri - sono state ricostruite le dinamiche degli incidenti con pedoni e automobilisti, smontandoli con la moviola e ricostruendo il video dell’accaduto. Questa attività risulta complementare all’educazione stradale già offerta nelle scuole spesso con la collaborazione dei vigili urbani, in cui vengono fornite soprattutto informazioni sulla strada e sui suoi segnali. I ragazzi devono provare non solo a conoscere le regole ma anche a valutare di chi sia la responsabilità». Non va infatti dimenticato che tra le esperienze con cui i ragazzi entrano in contatto con il mondo della velocità e del rischio ci sono il cinema, la tv e, ancor più i videogames: in questi contesti si vedono sempre sfrecciare automobili aggressive e scattanti guidate da personaggi immortali che non offrono una reale percezione del pericolo e anzi spesso incitano alla violazione delle norme.

Un altro impiego interessante della ricostruzione psico-tecnica è presso le scuole guida, in cui l’inserimento dello psicologo del traffico è previsto dai nuovi orientamenti legislativi. Il ruolo insostituibile dello psicologo traffico - documentato dalle efficaci esperienze di Germania, Inghilterra, Svezia - può contribuire sia alla valutazione di idoneità, sia al completamento dell'attuale metodo di addestramento. «Un altro dato con cui lo psicologo del traffico si confronta spesso - dice Antonietti - è la scarsa attendibilità dei testimoni. Capita che i tecnici si trovino ad analizzare dati oggettivi (tracce di frenate, danni all’auto) che indirizzano verso una certa ricostruzione, mentre i testimoni raccontano una versione differente. Consideriamo che in Italia dal punto di vista legale la testimonianza ha più valore della consulenza tecnica. Quello che succede è che a volte vengono fatte domande che suggeriscono già le risposte e il testimone è indotto a confermare quello che gli viene lasciato intendere. Altra fonte di distorsione del ricordo sono le informazioni che il testimone acquisisce da altri testimoni sulla scena».

Da considerare infine i meccanismi cognitivi: l’attenzione del futuro testimone vaga nello spazio della scena dell’incidente e quello che lui percepisce è frammentario perchè l’accaduto è inaspettato, mentre è più chiara la percezione del post. Così il contributo specifico dello psicologo è la formazione al personale della sicurezza che fa gli interrogatori sul luogo dell’incidente, invitandolo a lasciar parlare inizialmente il testimone senza porre domande, e poi a porle senza indurlo a una risposta predefinita. Un terzo fondamentale contributo della psicologia del traffico è da attribuire alla comunicazione. «Forse non si sa comunemente che lo stato di ebbrezza non è la causa principale degli incidenti stradali - dice Rita Ciceri -. Si tende sempre a pensare che droga e alcool siano problemi lontani da noi e che quindi guidiamo sempre in condizioni sicure. In realtà soprattutto i giovani sottovalutano il fatto che basta superare di poco i limiti di alcool consentito per abbassare la soglia di attenzione e inibire la concentrazione necessaria per una guida sicura». Di qui l’importanza di fare comunicazione su questo punto. Rispetto al metodo da utilizzare, il marketing sociale mostra come sia molto più efficace informare e formare mostrando le dinamiche di un incidente piuttosto che mostrare una situazione estrema e tragica che allontana psicologicamente chi guarda. Ultima area di intervento della psicologia del traffico è quella della comunicazione traumatica.

Il lavoro riguarda sia l’intervento terapeutico su persone che hanno subito un trauma sia sui recidivi. All’estero si lavora con la terapia singola e con quella di gruppo tanto sulla vittima quanto su chi ha provocato l’incidente. «Nei casi di incidenti gravi è molto importante che la comunicazione di un decesso avvenga di persona - sottolinea Fabio Sbattella, psicologo della Cattolica esperto di emergenze, possibilmente ad opera di un operatore non coinvolto nell’evento ma che sia informato dei fatti e sia in grado di rispondere alle domande dei familiari e di assumersi il compito di raccogliere ulteriori informazioni. L’esperienza clinica sottolinea l’importanza di uno spazio riservato, ove i familiari possono sostare e sedersi, nonché la disponibilità di un tempo adeguato per l’ascolto, anche per rispondere ad eventuali domande».

Altro aspetto cruciale è la scelta dei destinatari della comunicazione. È fondamentale accertare l’identità del defunto e chiedere conferma dell’identità e ruolo delle persone con cui si interagisce. «Le comunicazioni di bad news a minorenni dovrebbero essere gestite all’interno della rete familiare, se esistente. In ogni caso - continua Sbattella - si consiglia di utilizzare un linguaggio chiaro senza eccessivi giri di parole e personalizzato, per esempio chiamando la vittima per nome. Lasciare spazio all’espressione delle emozioni, nelle modalità ritenute accettabili dalla cultura di appartenenza della famiglia, e la vicinanza anche fisica dell’operatore al familiare laddove si ritenga che sia opportuna sono ulteriori modalità di supporto. Per tutti questi aspetti è imprescindibile la formazione continua degli operatori». Chi comunica dovrebbe, infine, curare i rapporti con i media, ponendo attenzione a che la notizia non giunga ai giornalisti prima che la famiglia sia stata informata. Il consenso richiesto ai familiari, nel riportare la notizia del decesso, è segnale di particolare tatto, oltre che atto dovuto da chi desidera farsi garante della privacy necessaria nei momenti di sofferenza.


Emanuela Gazzotti
dal sitto www2.unicatt.it

Incidenti stradali: il 40% dovuti all'alcol

Tutta colpa di chi beve. O quasi: secondo la consulta nazionale sull'alcol e i problemi alcol correlati in Italia gli incidenti stradali mortali legati all'uso di alcol hanno una percentuale del 40 per cento. Un numero enorme, fra l'altro stimato per difetto perché spesso - quando non si riesce a risalire al colpevole di un incidente o quando lo si rintraccia solo il giorno dopo - gli effetti dell'alcol non sono ovviamente più rilevabili.

Non solo: in Italia l'incidente stradale è la prima causa di morte tra i giovani di età compresa tra 21 e i 29 anni.

E, sempre secondo l'Istat nel 2006 (dati più aggiornati purtroppo non ce ne sono) sono morte sulle strade italiane 5.669 Persone, in oltre 238mila incidenti. Certo, è poi vero che gli incidenti stradali sono in calo: fra il 2000 e il 2006 sono diminuiti del 7,2% (con una riduzione del 7,5% dei feriti e del 19,7% dei morti) ma il vero problema è il cosiddetto "tasso di mortalità per incidente stradale". Un concetto un po' complicato ma che fotografa bene la gravità della situazione italiana perché da noi abbiamo 95 morti ogni milione di abitanti, in pratica il doppio rispetto a quello di Olanda, Gran Bretagna e Svezia.

Numeri che però non sono divisi equamente: i giovani sono le prime vittime. Sempre secondo l'Istat i conducenti della fascia di età tra i 25 e i 34 anni sono quelli i più colpiti dagli incidenti stradali. La mortalità è molto elevata anche fra i conducenti di 21-24 anni.

Quello dell'alcol insomma sembra una emergenza nazionale perché oltre nove milioni di italiani sono a rischio per il consumo di alcolici, però nel mondo della sicurezza stradale siamo di fronte a un'emergenza nell'emergenza.
da www.repubblica.it

sabato 1 novembre 2008

INCIDENTI STRADALI: Documento della World Health Organization dell' ONU appartenente de facto al Public Domain

Le ferite da incidenti di traffico uccidono quasi 350 persone al giorno, o più di 127.000 ogni anno nella regione europea monitorata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
È come se un evento catastrofico uccidesse la popolazione di una città di medie dimensioni ogni anno.
Almeno 2,4 milioni di persone vengono ferite oppure rese disabili in incidenti stradali ogni anno.
Di questi 2 milioni di incidenti stradali annuali, circa il 65% avviene in città e villaggi, dove pedoni e ciclisti sono particolarmente esposti. L'evidenza sulla mortalità stradale è presentata nel "World report on road traffic injury prevention", che pubblicato dallo WHO e dalla Banca Mondiale il 7 aprile 2006, Giornata mondiale della salute (World Health Day), e nella pubblicazione "Preventing road traffic injury: a public health perspective for Europe", preparata dalla WHO Regional Office for Europe.
La quantità di morti e la disabilità causata dalle ferite da traffico le rende un problema di salute predominante. Ma la morte e le ferite sulle strade non sono eventi casuali. Determinando quali siano i fattori di rischio che conducono agli incidenti e come prevenirli è il principale obiettivo dello studio Europeo. Questo identifica le misure che si sa per certo che funzionino ed evidenzia il "gap" tra la conoscenza e la sua implementazione: "È arrivato il momento - si sostiene - di smettere di considerare le morti da traffico e le ferite come una conseguenza inevitabile dell'utilizzo delle strade: tali eventi sono prevenibili".
Altre statistiche [modifica]
Secondo fonti statistiche, sono 6500 i soli bambini che muoiono annualmente per incidenti legati alla circolazione stradale, questo secondo i dati indicativi forniti dal Dr. Marc Danzon, direttore dell'OMS per l'Europa.
La velocità è il maggiore assassino sulle strade e secondo l'Unione Europea (EU) il ridurre la velocità media di guida di 3 km/h salverebbe attorno a 5000-6000 vite ogni anno e prevenirebbe attorno a 120.000-140.000 incidenti, risparmiando 20 miliardi di euro in costi. In contrasto, portando la velocità nei centri cittadini da 30 km/h a 50 km/h aumenta il rischio di morte per i pedoni di 8 volte.
Considerazioni pratiche [modifica]
Nella regione europea del OMS, i minorenni pagano il prezzo più alto. Gli incidenti stradali sono la causa di morte principale per giovani tra i 5-29 anni. Questo gruppo rende conto di più del 30% delle vittime d'incidenti. In questo gruppo di età, i giovani rappresentano l' 80% delle vittime. Alta velocità stradale e elevato tasso di alcol durante la guida sono i maggiori fattori di rischio.
Attribuire un costo economico alla perdita di vite è arduo, ma ragionevoli stime mostrano che la perdita economica causata dagli incidenti di traffico ammonterebbe a circa il 2% del PIL. Per l'Unione Europea, questo significa circa 180 miliardi di euro all'anno. Secondo il documento "Preventing road traffic injury: a public health perspective for Europe", i paesi dell'Europa centrale ed orientale sono ancora più severamente colpiti rispetto all'Europa occidentale.
Il grande carico sociale delle ferite da traffico si aggiunge ad altri effetti nocivi per la salute relativi al trasporto, come quelle risultanti dall'inquinamento, il rumore, l'incremento degli stili di vita sedentari ed i cambiamenti climatici globali.
La sicurezza sulle strade è un aspetto inevitabile del trasporto sostenibile ed un argomento centrale per il settore sanitario. Lo studio Europeo affronta il problema di come la Sanità Pubblica può creare un sistema dei trasporti salubre e di salvare vite.
I due rapporti del WHO mostrano due cardini del nuovo pensiero sulla sicurezza stradale:
Rifiutare di accettare le morti e le lesioni severe come conseguenze degli incidenti di traffico
Modificare le strade prevedendo la vulnerabilità delle persone
L'obiettivo è galvanizzare i paesi nelle Regione Europea del OMS per diffondere queste idee. "La dedica del Giorno Mondiale della Salute del 2004 alla sicurezza stradale segna l'inizio della consapevolezza della tassa di morte che sopportano le nostre comunità, e della applicazione del nuovo pensiero in alcuni Stati Membri.
da www.wikipedia.it